Il giorno che il mare parlò piano, di Renzo Samaritani Schneider



E allora… ecco Il Racconto del Venerdì.


Il giorno che il mare parlò piano

(Racconto del Venerdì — 21 novembre 2025)

A volte Trani sembra respirare prima di parlare.
Quel venerdì, il 21 novembre, il mare aveva deciso di bisbigliare. Non un'onda alta, non un fragore; solo un mormorio sapiente, come una persona anziana che dice poco ma sa tutto. L’aria era morbida, un po’ umida, con quella sfumatura di sale che si posa sulle ciglia come una benedizione sottile.

Io e Massimiliano camminavamo piano, uno accanto all’altro, senza fretta.
Non era una giornata speciale, eppure lo stava diventando.
Sai quei giorni in cui nulla accade davvero, ma senti di essere al posto giusto nel momento giusto?
Ecco, così.

Il cielo era color latte con una pennellata di grigio perla, e la Cattedrale sembrava appena uscita da un sogno: luminosa, quasi irreale, con la pietra che si scaldava di una luce invisibile. Tutto intorno, una quiete che solo novembre sa regalare.

Mentre camminavamo, Massimiliano guardava il mare come se stesse ascoltando un vecchio amico. Io lo guardavo guardare, e pensavo a quanto la vita sia strana: a volte ci spinge, a volte ci trascina, a volte ci accoglie come una madre che sa quando hai bisogno di riposo.
Quella mattina il mare era una madre silenziosa.

Passammo davanti al primo negozietto: una fruttivendola con gli occhi stanchi ma un sorriso che sembrava custodire antiche storie. L’aroma delle mele nuove, del prezzemolo umido, delle cassette di legno impregnate di terra… tutto mescolato al vento di mare. Lei ci salutò con quella gentilezza antica che qui, a Trani, è ancora viva — forse l’ultimo avamposto di una bontà che da altre parti si è persa.

Comprammo giusto qualche mandarino, perché il profumo era irresistibile.
La fruttivendola ci guardava complici, come se sapesse che quel gesto — due mandarini messi in un sacchetto di carta — aveva già trasformato la nostra passeggiata in qualcosa di importante.

Riprendemmo a camminare.
Il mare parlava piano, sempre più piano, come se volesse confidare solo a noi quella sua lingua antica.
A volte alzava leggermente la voce, come per dire “sono qui”, poi tornava subito calmo.
C’è un tipo di mare che non ti invade: ti educa.

Secondo negozietto: un forno piccolo, con il vetro appannato e un profumo talmente denso che sembrava uscire in forma di nuvola. La focaccia era appena uscita dal forno. Acquistammo due pezzi, caldi tra le dita, e uscimmo di nuovo nella strada.
Massimiliano soffiava sulla focaccia per non scottarsi, e io ridevo.
Non c’era niente di eccezionale — eppure tutto era perfetto.

Poi una leggera pioggia. Non una pioggia fastidiosa, ma quella che sembra voler lucidare il mondo. Le pietre del porto diventavano lucenti come seta bagnata. E in quella luce riflessa, Trani sembrava una città nuova, una città ritrovata.

Camminammo ancora, passando davanti a case che conoscevamo già ma che quel giorno davano l’impressione di guardarci per la prima volta.
Le giornate da PAS sono così: a volte il mondo ti pesa addosso, altre volte ti accarezza.
Quel venerdì il mondo accarezzava — piano, senza fretta, senza pretese.

Rividi la scena: due uomini sotto un cielo di novembre, un mare che parlava piano, due mandarini in tasca e un pezzo di focaccia in mano, una città intera che sembrava dire “respirate, siete al sicuro”.

E allora ho capito.
Alcuni giorni non arrivano per insegnarti qualcosa.
Arrivano per ricordarti ciò che già sai:
che la pace è possibile,
che l’amore esiste,
che la vita non ha bisogno di applausi per essere vera.

Quando tornammo verso casa, il mare disse la sua ultima frase — breve, quasi impercettibile — giusto mentre una piccola onda si rompeva sugli scogli.

Sembrava dire:
“Non preoccuparti. Resta.”

E io ho pensato che, forse, quel venerdì, il mare non aveva parlato piano.
Aveva parlato giusto.



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